Trattamento di fine servizio, tempi di attesa sempre più lunghi: novità amara

Una batosta per chi decide di terminare il servizio con l’opzione del cumulo contributivo – newsecologia.it

Il trattamento di fine servizio, per chi va in pensione con il cumulo dei periodi contributivi, ha presentato una novità non molto gradita. 

Se i tempi per maturare il Trattamento di Fine Servizio (TFS), sono sempre stati generalmente lunghi, ora la situazione cambia in peggio.

La sorpresa, per niente gradita, riguarda i lavoratori che andranno in pensione con il cumulo dei contributi. Gli stessi infatti, dovranno attendere ancora di più. Ma vediamo di seguito tutti i dettagli.

Trattamento di fine servizio, le linee guida

Il Trattamento di Fine Servizio corrisponde all’indennità versata al dipendente del settore pubblico al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Un TFS inferiore a 50.000 euro verrà corrisposto in unica soluzione. Un TFS superiore a tale importo ma inferiore a 100.000 euro verrà versato al lavoratore andato in pensione in due rate.

In merito ai tempi, essi variano in base alla causa di cessazione del rapporto lavorativo. Generalmente si supera un anno per il raggiungimento dell’età pensionabile oppure dei limiti di servizio. Se il rapporto cessa per decesso del dipendente pubblico, i familiari otterranno il TFS entro 105 giorni. Tale termine è lo stesso che decorre per l’inabilità sopravvenuta da parte del lavoratore.

Per dimissioni volontarie o licenziamento si avrà il TFS tra 2 e 5 anni d’attesa. Ora, venendo al nocciolo della questione, nel caso di cumulo contributivo, vi sono appunto delle penalizzazioni in termini temporali per il lavoratore che opti per una delle formule agevolate.

Si potrebbe ottenere un anticipo sul Tfs, ma occhio alle modalità – newsecologia.it

TFA, tutte le novità: ecco cosa cambia

In caso di Quota 100, con 38 anni di contributi maturati a 62 anni d’età o di Quota 102, sempre 38 anni di contributi maturati a 64 anni d’età, i termini per l’ottenimento del Trattamento iniziano a decorrere da quando si sono raggiunti i requisiti per lasciare il lavoro con pensione di vecchiaia. Il che corrisponde, generalmente, ad avere almeno 20 anni di contributi e almeno 67 anni d’età.

Nelle ipotesi precedenti, pertanto, il conteggio per arrivare al TFS parte comunque dal momento in cui il lavoratore o la lavoratrice abbiano compiuto tale età e non dal momento in cui si sia effettivamente lasciato il lavoro. Con, inutile dirlo, inevitabile allungamento della tempistica. Se proprio dovesse servire liquidità, il lavoratore può richiedere un anticipo sul TFS.

Si dovrà richiedere quindi la certificazione del diritto all’ente pubblico presso il quale si presta servizio, e inoltre proseguire la procedura con l’inoltro della domanda ad una delle banche aderenti all’accordo quadro. Si tratta comunque di un prestito da restituire una volta entrati in possesso della propria quota di TFS e presenta dei costi.

Sarà da valutare con molta attenzione, anche con l’aiuto di un commercialista o un consulente del lavoro. E giusto se si necessita nell’immediato di liquidità, in caso contrario meglio evitare.