Covid: scoperto un farmaco rivoluzionario

Scoperto un farmaco rivoluzionario per il Covid. In cosa consisterà? – newsecologia.it

Non ci stancheremo mai di segnalare nuovi progressi, in ambito medico-scientifico, nella cura al Covid. Pare che ora la gamma delle cure presenti si sia estesa ad un farmaco appena scoperto dalla ricerca, il quale apporterebbe effetti sul Covid e sulle proprie varianti evolutive. 

Non stiamo parlando di una nuova tipologia di farmaco appena creata in laboratorio, ma di altro. Si tratta, e sta qui la scoperta rivoluzionaria, degli effetti testati in laboratorio di un farmaco generico sul Covid.

In particolare, si tratta di un farmaco usato per il fegato, che influendo sulle cellule, farebbe in modo da rendere queste ultime molto più resistenti e impenetrabili all’avanzare del virus. E ciò riguarda non soltanto la forma principale di Covid-19, ma anche tutte le sue varianti.

La ricerca e la scoperta

La ricerca suddetta, sulle capacità rigenerative del fegato, ha permesso di scoprire effetti sul Covid – newsecologia.it

Premesso che la ricerca, condotta all’Università di Cambridge, non è partita consapevolmente avendo come obiettivo tale direzione, il risultato è stato straordinario a dir poco. Specialmente se si considera di come la ricerca vi si sia indirizzata in seguito ad una scoperta del tutto accidentale. Ad accorgersi della molecola del farmaco che riesce ad impedire la penetrazione del Sars-Cov-2, una dottoranda ricercatrice presso l’ateneo medesimo, Teresa Baldini, di nazionalità italiana.

La ricerca originaria aveva come tema la rigenerazione cellulare nel fegato, in ambito curativo delle malattie epatiche. Il riferimento, a proposito del farmaco, è all’ursodiolo, contenente il recettore ACE2. Dalla scoperta accidentale è stato poi avviato un lavoro di ricerca apposito, dapprima in collaborazione con l’Università di Liverpool, i cui ricercatori si sono occupati di testare l’ACE2 su piccoli organi, quali polmoni e intestini generati in laboratorio.

Nella fase successiva il test è avvenuto sui criceti, che sono rimasti protetti dalla variante Delta del virus, nel medesimo periodo in cui quest’ultima si rivelava resistente a diversi vaccini. Nell’ultima fase del test, si è passati a polmoni umani di donatore, non idonei al trapianto e tenuti artificialmente in vita in laboratorio ai fini di ricerca.

Ora, soltanto uno dei polmoni era stato trattato col farmaco, e una volta esposti i polmoni al virus, solamente quello non trattato è stato contaminato. Il farmaco è già sul mercato da diverso tempo, e potrebbe integrare l’uso dei vaccini laddove le varianti si rivelino resistenti agli stessi. O laddove ci siano immunodeficienze da parte del paziente, che così non potrà ricorrere al vaccino.  Ancora, in quelle aree del mondo in cui i vaccini anti-Covid siano ancora poco diffusi.