L’Amazzonia non produce il 20% dell’ossigeno del mondo

Dopo l’incendio che ha interessato la foresta Amazzonica, è circolata la notizia che questo evento avrebbe ridotto del 20% la quantità di ossigeno del mondo. Tuttavia, sembrerebbe falsa la notizia per cui l’Amazzonia produca il 20% dell’ossigeno del mondo. Gli esperti, infatti, hanno rassicurato da possibili allarmismi: quasi tutto l’ossigeno respirabile prende origine negli oceani e, fortunatamente, ce n’è (e ce ne sarà) una quantità tale da respirare ancora milioni di anni.

L’importanza della foresta Amazzonica

Nonostante sia stata smentita la notizia per cui in Amazzonia verrebbe prodotto il 20% della quantità di ossigeno del mondo, il fisico dell’atmosfera della Colorado State University, Scott Denning, dichiara che la foresta Amazzonica è comunque molto importante per la sopravvivenza del nostro pianeta.

Questo è quanto ha ricordato in un articolo sul sito The Conversation, insieme al fatto che le foreste tropicali costituiscono un patrimonio ricco di specie animali e piante che non si trovano in altri posti.

Inoltre è proprio qui che vengono assorbite enormi quantità di carbonio che, altrimenti, causerebbero non poco i cambiamenti climatici.

Anche Isabella Pratesi, che dirige il programma di conservazione del WWF Italia, ha ricordato un’altra importante funzione delle foreste tropicali e cioè quella di pompare acqua dall’atmosfera al suolo: senza la foresta amazzonica, in pratica, ci sarebbe siccità in tutta la regione.

Il fenomeno degli incendi in Amazzonia

Nel 2019, il numero dei roghi in Amazzonia è triplicato rispetto all’anno precedente: dall’1 al 24 agosto 2019, infatti, grazie alle immagini del satellite Sentinel-3, sono stati avvistati 3951 roghi rispetto ai 1110 dello stesso periodo dell’anno precedente.

I roghi interesserebbero, oltre al Brasile, anche parte del Perù, Bolivia, Paraguay e Argentina, così ha dichiarato l’Agenzia Spaziale Europea (Esa).

Infine, Luca Parmitano, astronauta italiano dell’Esa, osservando la situazione dall’alto (a circa 400 chilometri di quota) avverte che dove prima c’era foresta ora ci sono i campi.