GREEN WASHING: paghi di più ma non sostieni l’ambiente | Occhio all’etichetta

Oltre metà delle dichiarazioni green in Europa è vaga o infondata. Come si può riconoscere la vera sostenibilità dal green washing.
Sempre più aziende dichiarano di essere sostenibili, ma quante lo sono davvero? Dietro slogan accattivanti si nascondono spesso promesse difficili da verificare.
I consumatori, pur disposti a pagare di più per prodotti green, faticano a fidarsi. Questo perché spesso si trovano di fronte a prodotti non proprio sostenibili come dichiarato.
Infatti, cresce un fenomeno subdolo: il green washing, più o meno intenzionale ma ugualmente dannoso. Di cosa si tratta e come riconoscerlo.
Il divario tra dichiarazioni e realtà
Un’indagine della Commissione Europea ha rivelato un dato preoccupante: oltre il 50% delle dichiarazioni ambientali sui prodotti venduti nell’Unione è vago o infondato. A complicare lo scenario c’è il fatto che solo il 23% delle PMI europee misura davvero il proprio impatto ambientale in modo strutturato, alimentando così una distanza tra comunicazione e realtà. In Italia il paradosso è ancora più evidente. Da un lato, il 63% dei consumatori afferma di essere disposto a pagare di più per un prodotto sostenibile. Dall’altro, solo il 14% dichiara di fidarsi delle aziende quando queste comunicano i loro impegni green. Il risultato è un ecosistema fragile, dove cresce l’attenzione alla sostenibilità ma anche il rischio di cadere in messaggi poco trasparenti.
TreeBlock, realtà italiana che sviluppa soluzioni tecnologiche per aiutare imprese e PMI a misurare e migliorare il proprio impatto, ha osservato da vicino questa dinamica. L’azienda sottolinea come si stia diffondendo un nuovo tipo di green washing: non quello volutamente ingannevole, ma quello invisibile, frutto di comunicazioni prive di dati, standard o verifiche concrete.

I cinque segnali per riconoscere il green washing invisibile
Per orientare cittadini e aziende, TreeBlock ha messo a punto una guida pratica con cinque campanelli d’allarme. Il primo riguarda la presenza di dati misurabili: slogan come “eco-friendly” o “green inside” senza indicatori concreti restano parole vuote. Poi ci sono i riferimenti a standard internazionali come GRI o ISO 14001, indispensabili per dare credibilità.
Un altro segnale importante è la pubblicazione di un bilancio di sostenibilità aggiornato e accessibile. Se un’azienda parla di green senza fornire report verificabili, è bene diffidare. La trasparenza passa anche dal coraggio di mostrare le aree critiche, non solo i successi: chi racconta solo la parte positiva rischia di non essere credibile. Infine, la vera prova di serietà è nei miglioramenti anno dopo anno: indicatori statici o sempre uguali indicano assenza di progressi reali. Per i consumatori, questo significa allenarsi a leggere oltre le etichette e premiare chi comunica con dati alla mano. Per le imprese, significa dotarsi di strumenti adeguati, capaci di raccogliere e validare i dati ambientali in maniera strutturata. Solo così sarà possibile superare la diffidenza crescente e trasformare le dichiarazioni in impegni concreti, restituendo fiducia a un mercato che oggi ne ha urgente bisogno.