Pensioni, equilibrio (apparente) e sfide future: cosa ci aspetta davvero nei prossimi 30 anni | Le statistiche parlano chiaro

Il sistema pensionistico regge, ma fino a quando? Pil, demografia e lavoro femminile: ecco perché l’equilibrio di oggi non basta per domani.
C’è un tema che ritorna ciclicamente, con numeri rassicuranti ma interrogativi sempre più urgenti: la tenuta del sistema pensionistico.
Le previsioni sembrano offrire stabilità, ma dietro le percentuali si nasconde una verità più complessa.
Il rapporto tra occupati e pensionati cambia, l’età media si alza e il lavoro fatica ad allargare la base contributiva.
È davvero tutto sotto controllo, come ci raccontano? O serve una visione più lucida, capace di andare oltre il breve periodo?
Un sistema che resiste, ma che non può permettersi di restare immobile
Quando si parla di pensioni, i dati spesso sembrano tranquillizzare. Il sistema appare in equilibrio e le proiezioni a lungo termine, almeno fino alla metà del secolo, non mostrano segnali di cedimento drammatici. Tuttavia, questa stabilità non è un punto di arrivo, ma un fragile bilanciamento ottenuto grazie a fattori contingenti, come il progressivo esaurimento dei baby boomer o l’introduzione del calcolo contributivo. Il vero nodo, però, è quello che si muove sotto la superficie: l’evoluzione demografica.
Una popolazione che invecchia, una natalità in calo e una partecipazione lavorativa ancora troppo bassa in alcune fasce, come quella femminile e giovanile, minano le fondamenta di questa apparente tranquillità. Perché se la crescita della spesa pensionistica in rapporto al PIL rallenterà nel lungo periodo, è solo grazie a una serie di incastri favorevoli. Ma quanto dureranno? Il vero interrogativo non è tanto se il sistema reggerà, quanto se sapremo riformarlo prima che le crepe diventino evidenti. E se, in quel momento, avremo ancora tempo per intervenire.

Partecipazione femminile e giovani: due leve per salvare il futuro delle pensioni
Dietro i numeri si nasconde una realtà più complessa. Secondo quanto emerso da un’audizione INPS alla Commissione parlamentare sulla transizione demografica, il sistema pensionistico italiano è, oggi, tecnicamente sostenibile. Tuttavia, per mantenerlo tale anche nei decenni a venire, è necessario intervenire sulla base contributiva. Due sono le priorità: aumentare il numero di giovani occupati e facilitare l’accesso e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro. Le stime INPS parlano chiaro: entro il 2040, la spesa pensionistica toccherà il 17,1% del PIL, per poi calare progressivamente, ma a condizione che l’equilibrio tra occupati e pensionati non venga meno.
Una sfida che passa anche per l’adeguamento alle aspettative di vita, con un probabile aumento dell’età pensionabile nel 2027. Fondamentale sarà anche il potenziamento delle competenze giovanili, ancora troppo spesso inadeguate rispetto alle richieste del mercato. Per i lavoratori in generale, l’altra sfida è il potere d’acquisto: gli stipendi non tengono il passo dell’inflazione e gli incentivi alla permanenza su base volontaria potrebbero essere una risposta utile. In sintesi, il sistema oggi regge, ma solo se si investe con urgenza sul lavoro e sulla formazione. Rimandare, a questo punto, non è più un’opzione.